Corot, pittore & traghettatore
Prodotta dai Musei d'Arte del Comune di Verona insieme al Louvre, da cui provengono circa la metà delle opere esposte, questa mostra è davvero diversa da tutte le altre, in verità non poche (almeno una decina negli ultimi vent'anni), dedicate in tutto il mondo al genio che ha inventato il paesaggio moderno. Nell'occasione, grazie all'impegno critico e all'originale impianto storiografico di Vincent Pomarède curatore della rassegna e del ricco catalogo destinato a rimanere una tappa miliare negli studi, sono state nuovamente affrontate e fornite inedite risposte alle questioni fondamentali sul contributo che Corot, in sessant'anni di lavoro senza soste, ha dato allo sviluppo della pittura occidentale. È stata una grande sfida, cui ora il pubblico viene invitato a partecipare attraverso un percorso espositivo originale e coinvolgente. Non era facile scegliere – avendo comunque la possibilità di attingere al meglio – tra una produzione immensa e isolare proprio quei capolavori che aiutassero a capire finalmente il suo ruolo di "traghettatore" tra la grande tradizione del paesaggio classico (Corot dichiarò: «... guardavo al Poussin che volevo raggiungere e anche superare») e le sperimentazioni all'aria aperta che avrebbero aperto la strada all'Impressionismo. Senza dimenticare l'enorme suggestione che il pittore, nato nel 1796 in rue du Bac a Parigi dove morirà nel 1875, ha esercitato sulle nuove generazioni dell'avanguardia storica, dei Picasso, Braque, Derain, che ammirarono con stupore le sue tele, non solo i paesaggi ma anche gli straordinari dipinti di figura, esposti al Salon d'Automne del 1909.
Partendo da questi stimolanti presupposti, i cento quadri selezionati – tra quelli di Corot, dei pittori precedenti come Poussin, Annibale Caracci, Lorrain, Desportes, Valenciennes, Michallon cui si è ispirato, e dei grandi tra Otto e Novecento, come Sisley, Cézanne, Monet, Denis, Picasso, Braque, Dérain, Matisse, Mondrian che lo hanno rimeditato – compongono uno straordinario, avventuroso itinerario attraverso tre secoli. Vi si può seguire la mutazione dell'idea del paesaggio e le trasformazioni di un genere "minore" che ha raggiunto proprio in lui un livello sublime. Al pubblico vengono richiesti molta disponiblità e un certo impegno – ma ne vale assolutamente la pena – nel percorrere le quattordici sezioni in cui è articolata la mostra. Vengono in aiuto le relative introduzioni in catalogo, tanto approfondite da costituire dei veri saggi critici che rendono ampio conto delle ragioni di scelte così meditate. Dopo una breve introduzione, opportunamente dedicata al tema della "Gerarchia e nobiltà del genere del paesaggio", la suddivisione delle opere è organizzata all'interno di tre grandi capitoli relativi a "L'ultimo dei classici", dove si indaga sulla continuità tra le innovazioni di Corot e la tradizione del paesaggio ideale, a "Gli ornamenti della natura", dove si analizzano i differenti approcci allo studio en plein air preliminare alla rielaborazione in studio. Mentre le cinque emozionanti sezioni finali sono riunite intorno alla problematica di "Corot. Il primo dei moderni", attraverso le mutazioni dello spazio dipinto e delle immagini che traghetteranno il romanticismo nel simbolismo sino all'astrazione, lungo l'asse ereditario lasciato alle avanguardie storiche.
In ogni fase della sua lunga operosità Corot rimane un pittore che incanta e questo incanto non si spegne mai, confermando quanto venne detto di lui, appena dopo aver compiuto i settant'anni: «L'età non può nulla sul vigore di questo arzillo e vegeto vegliardo. Il lavoro sembra acuire la sua verve. A ogni Salon ci porta delle tele fresche come le foglie appena spuntate». La sua grandezza, sfatando ancora una volta la leggenda dell'artista romantico maledetto, bello e impossibile, sembra contrastare con un aspetto fisico, con un'indole e una biografia privi di eccezionalità. Rimase per tutta la vita una sorta di «bambinone, timido e maldestro» che arrossiva quando gli rivolgevano la parola, ma dotato di una salute e di un appetito di ferro che gli donarono un costante buonumore. La sua golosità è rivelata per esempio da un pantagruelico menù trascritto in uno di quei taccuini dove tracciava sublimi idee per i suoi paesaggi immortali: «... uova al piatto, prosciutto, pasticcio di pollo, vitello con cicoria, paté, volatili al riso, tacchino con castagne, luccio, crema al cioccolato, meringhe, formaggio alla crema, fanchipane (non si è capito cosa sia), petits fours, marzapane». Sempre di ottimo umore, si risvegliava e svegliava i suoi compagni all'alba, quando lavoravano tutti insieme nella mitica foresta di Barbizon, uno dei luoghi di nascita del paesaggio moderno, cantando un'aria d'opera o una canzone. Non si sposò mai, convinto di avere, confessò, «un solo scopo nella vita, che intendo perseguire con costanza: fare paesaggi». Ricorse dunque, senza problemi, quando non trovava amiche disponibili, alle prostitute frequentate con assiduità anche in Italia, dove preferì le donne romane, che considerava le «più belle al mondo». «Di quando in quando – scriveva con candore a un amico – ne possiedo alcune; ma questo costa».
Figlio di commercianti – il padre fabbricante di parrucche aprì poi insieme alla madre un sontuoso negozio di mode – aveva il senso del denaro verso cui doveva provare un'attrazione istintiva. Questo è probabilmente il principale dei motivi di una produzione a un certo punto diventata frenetica. Diventato ostaggio dei mercanti cominciò a dipingere un quadro «dietro l'altro», aiutato da molti collaboratori. Ma al di là di questa produzione seriale e stereotipata, continuò a essere capace di creare capolavori, tanto che un osservatore eccellente come Odilon Redon, recensendo per il giornale di Bordeaux il Salon del 1868, segnalava, riferendosi a lui, che «questo eminente maestro possiede sempre rare qualità di composizione severa classica e semplice, (...) egli fonda il suo sogno su una realtà vista. (...) Ecco l'artista superiore: pittore davanti alla natura, poeta e pensatore in studio».
fonte http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Tempo%20libero%20e%20Cultura/2010/01/corot-verona.shtml?uuid=e9cd346c-fd1a-11de-8c90-4a248985d8b2&DocRulesView=Libero
domenica 9 maggio 2010
il padre fabbricante di parrucche....il figlio famoso pittore
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